La speciale normalità e la scuola dell’inclusione
senza distinzione di lingua
Del resto bisognerebbe intendersi su cosa sia lingua corretta. Le lingue le creano i poveri e poi seguitano a rinnovarle all’infinito. I ricchi le cristallizzano per poter sfottere chi non parla come loro. O per bocciarlo.
Voi dite che Pierino del dottore scrive bene. Per forza, parla come voi. Appartiene alla ditta.
E invece la lingua che parla e scrive Gianni è quella del suo babbo. Quando Gianni era piccino chiamava la radio lalla. E il suo babbo serio. «Non si dice lalla, si dice aradio».
Ora, se è possibile, è bene che Gianni impari a dire anche radio. La vostra lingua potrebbe fargli comodo. Ma intanto non potete cacciarlo dalla scuola.
«Tutti i cittadini sono uguali senza distinzione di lingua». L’ha detto la Costituzione pensando a lui.
da Scuola di Barbiana – Lettera a una professoressa, Firenze, 1967, p. 11.
Il diritto all’istruzione si fonda sulla capacità dei sistemi scolastici di essere accessibili e inclusivi. Secondo il dettato costituzionale la scuola è aperta, a tutti.
La Dichiarazione di Salamanca del 1994 che accoglie il concetto di bisogni educativi speciali** e il principio dell’educazione inclusiva, la Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti delle persone con disabilità, ratificata dall’Italia con la Legge n. 18 del 3 marzo 2009, riconoscono che la disabilità è «un concetto in evoluzione e che la disabilità è il risultato dell’interazione tra persone con menomazioni e barriere comportamentali ed ambientali, che impediscono la loro piena ed effettiva partecipazione alla società su base di uguaglianza con gli altri»***.
L’intenzione della Dichiarazione e della Convenzione ONU, che mantengono la classificazione di disabilità e bisogni educativi speciali, nei quali ai sensi della Direttiva del 27/12/2012 rientrano i Disturbi Specifici di Apprendimento, vuole essere quella di spostare il concetto di disabilità o disturbo da chi ne è portatore all’ambiente in cui vive.
Nel rapporto tra individuo e contesto, il compito dell’istituzione scolastica sarebbe rimuovere le barriere fisiche e comportamentali che impediscono agli alunni, disabili e non, di raggiungere il successo formativo. Per essere inclusiva, la scuola dovrebbe mettere le differenze al centro dell’azione educativa, eliminare gli ostacoli all’apprendimento che il contesto impone a soggetti che sono diversi per cultura, educazione, situazione socio-economica, fisica e psichica.
«Se l’ambiente è ostile anche le disabilità lievi verranno messe in evidenza, se l’ambiente è favorevole, allora le disabilità lievi avranno un’espressività così bassa da scomparire»****.
Se vuole essere inclusiva la scuola dovrebbe accogliere gli elementi che possono perturbare il suo sistema e rinunciare a normalizzarli o assimilarli. Non dovrebbe continuare ad avere come parametro di riferimento il Pierino figlio del dottore di Don Milani ma lasciarsi alterare dalle diversità, farle proprie, considerarle la risorsa che dà senso alla sua stessa esistenza.
*dall’Articolo 34 della Costituzione
** Definizione ripresa dal Rapporto Warnock del 1978. I Bisogni Educativi Speciali (BES) sono introdotti in Italia dalla Direttiva ministeriale del 27 dicembre 2012 Strumenti di intervento per alunni con Bisogni Educativi Speciali e organizzazione territoriale per l’inclusione scolastica
*** Preambolo della Convenzione ONU, lettera (e).
**** Stella G., La dislessia, il Mulino, Bologna, 2004, p. 54.